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“Revolution” Incipit. (Racconto – tema: Woodstock –  pubblicato su Libertà il 19/07/2009 nella rubrica dedicata ai racconti dei Volatori Rapidi in omaggio all’anniversario dello sbarco sulla Luna)

“La rivoluzione non è oppio. La rivoluzione è una catarsi.” E. Hemingway.

“Tommy puoi sentirmi? Tommy puoi sentirmi?”

Le mani di Charlie mi scuotono le spalle, eppure la sua voce è lontana, confusa con il suono di altre voci, con le ombre di altre persone. Non mi sembra nemmeno la sua voce. Sembra, Roger Daltrey!? Cosa darei per avere carta e penna, sarebbe uno spunto interessante: il delirio di un infartuato. Invece c’è solo il freddo pavimento della cucina su cui, cadendo, ho rovesciato una scatola di cereali. Che strano. I cereali sotto la schiena sono così reali e la voce di Charlie non lo è affatto.

“Mio fratello! Temo abbia avuto un infarto! Cinquantasei. Mandate un’ambulanza. Sì. Nord di Bethel. La casa rossa al 2 di Route 17B. Fate presto. Tommy puoi sentirmi?”

Sì Roger, ti sento. E ti vedo, lì sul palco. Sono completamente ipnotizzato dalla tua voce. Questo posto mi ha catalizzato da due giorni. Papà? Che ci fai qui? Mamma? Dovresti essere a casa, stai per avere un bambino. Certo, il delirio. Così è questa l’anticamera della morte? Potendo, mi farei una gran risata, lo sai pà? Se il mio viaggio verso la fine passa per Woodstock, allora il tuo per dove è passato?

Eccoci davanti alla tv, un bollente pomeriggio di luglio: manca molto alla camminata di Armstrong, il cronista spiega a noi, popolo americano ignorante, cosa sia la Luna. Un satellite. Nient’altro. Senza la Terra si perderebbe nella galassia, cessando di esistere. Compie un giro attorno alla Terra della durata di un mese, su per giù: una rivoluzione. Come quando faccio trottare Mistral legata nel tondino, dico a voce alta. È ancora il periodo in cui le tue critiche, pà, hanno un effetto su di me. Ma tu, mamma, mi prendi la mano e la posi dolcemente sulla tua pancia enorme. “Un mese. Guarda il cielo, Tommy. Quando la Luna sarà di nuovo piena, quando sarà compiuta una rivoluzione, arriverà il tuo fratellino.” Resto incantato da tale grandezza. Se mi sentisse Linda, non crederebbe alle sue orecchie…

“Blind man’s buff” Incipit

“Tanto non mi prendi, tanto non mi prendi!”      “Sono quiii, senti senti!”

Gli saltellano allegre intorno; con improvvisi colpetti sulle spalle e sulla schiena lo provocano per costringerlo ad allungare ancora di più le braccia verso le loro voci. L’effetto è un girovagare a tendoni alla ricerca di un indizio per orientarsi. Graffia il muro freddo e ruvido del palazzo: ci siamo, ora sa che loro hanno solo tre direzioni possibili per avvicinarlo. Risate, bisbigli per mettersi d’accordo. Ancora un secondo. Ghiaia calpestata piano. Ancora un secondo. Respiro affannoso e furbo di chi si sta prendendo gioco di te. Ancora un secondo. Profumo di bucato  confuso all’agrodolce di sudore estivo. Eccola. Si gira veloce a sinistra e sembra che voglia abbracciarla. Invece le afferra le spalle e la blocca contro il muro, mentre a lei scappa un grido e tenta inutilmente di divincolarsi.

“Presa! Adesso stai sotto tu.” E le allunga fiero la benda.

 

“Caro amore” Incipit

Caro amore,

oggi ti scrivo per la prima volta. È una tiepida giornata di aprile e stamane nel giardino mi è sembrato di scorgere la tua ombra tra i giunchi del fior di pesco. Per pochi attimi ho creduto di avere ancora diciannove anni e di risentire la tua voce… La ricordo bene, la tua voce. Quando la vecchiaia è arrivata al mio cospetto, ha trovato un corpo ed una mente segnati, ma ancora capaci di sopportare il dolore. Non ha voluto farmi il dono tanto a lungo invocato dell’oblio. Una volta mi dicesti che il dolore è dei forti e solo chi lo conosce davvero può batterlo e raccontarlo senza apparire bugiardo. Allora, tu fosti la mia salvezza…

Motivazione al racconto “Il potere delle parole” contenuto in “Confini”: Questo racconto è un viaggio. Iniziato una notte in cui una voce onirica mi ha svegliato: “certe parole sono catene alle quali proviamo a opporre resistenza”. Ho annotato la frase su uno dei fogli che tengo sul comodino. E ci ho riflettuto per settimane. Dovevo scrivere di confini. L’istinto mi ha mostrato le sembianze spigolose di un muro. Fatto di parole pronunciate, omesse, ascoltate. Un anno: il 1989. E una missione: informare, etimologicamente, conferire forma, rendere accessibile la Verità. Quattro persone, quattro intrecci dialettici che traducono immagini intime vicino a immagini d’attualità, in un percorso doloroso di messa a fuoco lento ma decisivo. Il parallelismo tra i fatti reali di vent’anni fa e l’oggi viene quasi naturale. La prospettiva è parziale, perché il lettore possa decidere in quale misura divenire protagonista attivo della ricerca. E chiedersi non solo quali siano le proprie catene, ma quali strumenti possa usare, se davvero lo desidera, per liberarsene.

Questo racconto è dedicato a chi, oggi come ieri, non vuole avere paura di dare forma a un pensiero, di cercarne i contorni, di capirne le sfumature, di accogliere i pensieri altrui, alla luce del rispetto e dell’uguaglianza. Ed è dedicato anche a chi, come me, crede che non si possa far parte della storia di qualcuno se non si conosce la propria. (Il potere delle parole, di Alessandra Locatelli)

“La cantina vuota”  Incipit

(racconto pubblicato nella rubrica “Racconti da ombrellone” da Libertà- agosto 2008, e raccolto nella collana “Low Cost”  dei Volatori Rapidi)

Il calendario indica che l’estate ha ceduto il passo all’autunno ormai da qualche settimana, ciononostante è ancora piacevole restare all’aperto a confondersi nella luminosa immobilità della natura.

Il galleggiante oscilla lievemente a pelo d’acqua dalle sette, l’ora in cui Angelo è arrivato al laghetto: ha aperto lo sgabello e fissato l’ombrellone, poi, scelta accuratamente l’esca migliore, ha gettato l’amo come tante altre volte aveva fatto nella sua vita…

 

 

“A trama larga” 

(racconto vincitore – con “So far away from me” di Giusy Cafari Panico – il 29 maggio 2008 alla tappa di Mantova della selezione letteraria “Volo Rapido- letteratura creativa in 356 minuti”)

7.45

Il cardiofrequenzimetro indica sessantacinque battiti. Perfetto, come il cromatismo della Cavalcata delle Valchirie che regola il ritmo della mia corsa.

Gambe, polmoni e spalle eseguono a memoria il leitmotiv della mia vita: cercare l’ordine, la pulizia dei gesti e la lucidità di pensiero.

Nutro da sempre l’esigenza di dare il nome giusto alle cose. Ho la necessità di conferire un’identità quasi visiva ad ogni mia spirale mentale, potrei essere docente di ogni azione che termina con izzo: realizzo, schematizzo, raddrizzo, universalizzo.

 

7.47

Settantanove battiti.

Gonfio l’addome d’aria e rilascio il diaframma appena più lentamente del previsto. Ottantadue battiti. Analizzo la situazione: il tacito accordo tra mente e corpo si sta frantumando. Poco lontano la panchina su cui gestirò la novità.

 

7.48’10’’

Novantatre battiti.

Recuperare è un verbo che non mi appartiene. Forse è questo il motivo per cui peggioro. Inspiro fievolmente ed espiro a intermittenza. Sento il mio cuore battere sopra i fiati di Wagner e spengo con mano tremante l’i-Pod, cercando di conservare la dignità agli occhi dei presenti ma soprattutto ai miei. Una ciocca di capelli mi si incolla alla fronte e il campo visivo si restringe, lambiccando la realtà da una spirale sempre più costretta, sempre più asfissiante.

 

7.48’26’’

Novantasette battiti.

Alzo lo sguardo al cielo turchese tra i rami in fiore, sembra un quadro di Renoir. Morirò su questa panchina e l’ultima cosa che vedrò saranno quelle due rondini tracciare ampi tornanti ascensionali, spinte come dall’istinto di misurarsi con la sublimazione del volo, senza mai sfiorarsi eppure l’una vicino all’altra. Morirò senza mai vivere un’amicizia così.

Resisti. Inspira ed espira, forza!

Giro il viso e noto una vecchia signora lavorare a maglia, due panchine dopo la mia. Muove le dita con gesti rapidi creando quella che sembrerebbe un maglia a trama larga.

Inspira ed espira, dai!

Sto vivendo in una rete a maglia stretta, fatta di tappe cronologiche lucidamente disposte con funzionale perfezione, con puntuale rigore.

Ma ora che sto per morire, mi chiedo cosa ho perso mentre cercavo di ordinare i pezzi del puzzle, quale voce non ho ascoltato, quale pelle non ho accarezzato…

 

 

7.50’17’’

Sessantasette battiti.

Non morirò.

Posso sentire l’aria fresca vibrare dentro me.

Mi alzo e provo a camminare, riconosco i miei gesti.

 

7.55

Una donna si lascia alle spalle il parco, come ogni mattina.

Corre verso casa e verso un’altra giornata tra le contingenze quotidiane, alzando di più il volume del suo i-Pod.

 

 

Brano tratto da “Tempo imperfetto” racconto scritto alla finale di Volo Rapido- ed.2008 a Ravello

 

Sospiro richiudendo le palpebre. Un’andata asincrona, questo è il viaggio che mi sta conducendo a dare dimostrazione della mia tecnica.

Riparo orologi. Le mie dita scivolano sicure tra ruota d’ancora e molla a spirale, traduco in secondi precisi ingranaggi rattrappiti, rimediando a errori altrui. Scandisco il flusso confuso degli eventi affinché ci si possa fidare del tempo. Sono brava nel mio lavoro, per questo mi hanno convocato. Per questo ho accettato. Nonostante.

(entrambi i racconti sono pubblicati sulla raccolta “Volo Rapido 2008”)

 

 

Incipit di Solo due castagne matte” racconto che si è aggiudicato il III posto al Concorso Nazionale “Emozioni e Magie del Natale” 2008 – Sezione Prosa:

“In quel tratto la via era toccata da pochi scorci di sole: dopo aver attraversato il paese tagliando le case in due profili speculari, sfociava sulla piccola piazza ruvida di ghiaia e di pietre grigie, come i pesanti muri grigi della chiesa, che la dominava esattamente di fronte a quel punto che segnava la fine del percorso. 

Alcuni ritardatari entrarono dalla navata centrale dove troneggiavano due grandi vasi di lilium, si segnarono con l’acqua santa e scorsero velocemente le due navate laterali alla ricerca di posti liberi. La chiesa era piccola, solo dieci file di panche, la cappella di Santa Cecilia a sinistra occupata dal coro e la cappella di Sant’ Isaia a destra con l’organista, che nella vita era anche il bidello alla scuola media Ognissanti. Mentre si infilavano tra due donne che indossavano un vestito simile, di pesante lana cotta blu con dei boccioli di fiori turchesi che avrebbero dovuto accendere di  frivolezza il decollette, l’organista iniziò il suo lavoro e i chierichetti uscirono dalla sagrestia in fila per due, percorsero tutta la navata di destra spargendo l’incenso nell’aria, imboccarono la navata centrale e salirono i tre gradini dell’altare aprendosi attorno alla bara… “

 

 

Incipit diSua quisque persona”:

Milano, 30 ottobre 1974. h.12.00

 

“Buongiorno. Apriamo il nostro telegiornale con un omicidio che ha sconvolto la città di Milano questa mattina all’alba. Il corpo di una giovane donna, le cui generalità non sono ancora note, è stato rinvenuto poco prima della sei nelle acque del Naviglio Grande. Due uomini addetti alla pulizia stradale hanno visto galleggiare qualcosa di strano e hanno subito avvertito le autorità: dagli accertamenti ancora in corso emerge che contro la donna sono stati esplosi due colpi di arma da fuoco, uno alla fronte e uno al petto,  probabilmente causa della morte.

Speriamo di fornirvi ulteriori approfondimenti nel corso del telegiornale.

Passiamo intanto alla politica. Da Montecitorio…”

 

Angelo si alzò dalla sedia della cucina e spense il televisore. Aveva udito quanto voleva, del resto non gli importava. Terminò di pranzare nel silenzio, solo il tintinnio delle posate sul piatto di fine porcellana bianca a scandire il tempo: per lui era una lieve melodia di pace…

 

 

Incipit di Un tiro rapido al cuore“:

Les Saint-Marie sur Maire, Camargue, Francia

Oggi il caldo è quasi tropicale, a nulla vale la leggera brezza che arriva dalla spiaggia già affollata di turisti; il consueto periodo delle Ferie è iniziato già da un mese e mezzo con la Feria di Arles e sembra ancora il giorno dell’inaugurazione: parate di gardien che attraversano le viuzze con il loro cavalli bardati a festa, le ragazze più giovani nei loro abiti tradizionali rossi hanno acconciature da manuale, frutto di impegno di madri e nonne che forse ci tengono più di loro a mostrarle quali perfette icone della tradizione camarguese, gruppi folkloristici quasi ad ogni angolo che emulano con le loro chitarre consumate dalle dita callose le malinconiche ma potenti melodie dei Gipsy King. Mi chiamo Marco Molinari e vivo qui in Camargue da qualche mese…

 

 

 

 

 

Gli haiku:

Il confine con

la fine umana è

credere in un …

 

 

 

Piegate ciglia

esulcerate bocche

girati ora .

 

 

 

 

Tracce veloci

divagazioni sul verso

domani lento. 

 

 

 

 

Erpice muto

sopra la mia latebra

grido a te.

 

 

 

 

Erri da sempre

se inciampi nel dubbio

leggi sei lustri.

 

 

 

 

Sei arrivato:

irrigata anima

diafana stilla.

 

 

 

 

Cosa osservi?

Un viso sconosciuto

che mi somiglia.

 

 

 

 

Viso di uomo

ingranaggi nascosti

mi portano qui.

 

 

 

 

Rifugio rosa

si dileguano voci

lamia si siede.

 

 

 

 

Scorre il lete

lo vedo attendermi

dalla finestra.

 

 

 

Notte di note

disegna i profili

donne velate.

 

 

 

Labile uomo

non tema la tua mano

sulla sua guancia.

 

 

 

 

Fummo insieme

deboli eroi ciechi

just for one day…

 

 

  

 

 

 

Liutaio sordo

pizzica le sue corde

musica sarà…

 

 

 

 

 

 

Angelo monco,

guarda: ho le tue ali. 

L’alba verrà 

 

 

Vedi il riccio

Stretto alle radici

Oltre la siepe?

 

 

 

L’opaco velo

Scivola sulla casa

Diradandosi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il morso stringe

tormento silenzioso

Davanti a lei

 

 

 

 

Solo con la fede

La rosa cresce ancora

Sulla ringhiera arrugginita

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scendi dal treno

Telefona a chi sai

Non aspettare

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 

Pensieri in libertà

La penna è

lo stivale per esplorare nuovi luoghi

il timone per solcare nuovi mari

la lente per scoprire nuove stelle.

           

L’età non conta.

Il tempo che passa è  il tempo che passa.

Anche se provi a descriverlo con metafore, allegorie, espressioni auliche o similitudini ricercate che neanche il T9 riconosce, tu rimani sempre un essere umano in autostrada con il groppo alla pancia. E sono cazzi tuoi.

 

Domani mi alzerò, mi laverò il viso, berrò il caffè ed uscirò di casa. Non andrò al lavoro ma salirò in auto, azionerò il motore, uscirò dal parcheggio condominiale e, al dare la precedenza sul viale, lascerò decidere alla monetina.

Metterò il cd, cercherò quella canzone e abbasserò il finestrino.

Domani.

Oggi devo trovare le parole per dirti addio.

…Please please please… let me get what I want…

           

 

 

Birds of prey/human remnants beyond the clouds/colours’ spaces/flights’ tracks/hurt wings by the hail/bring me the wind again/give me the moon again/the hurricane defines our profiles/we are alive/thank heaven/oxygen!

 

Rapaci / avanzi umani al di là delle nuvole / spazi di colore / tracce di voli / ali ferite dalla grandine / riportami il vento / ridammi la luna / l’uragano ridefinisce i nostri contorni / siamo vivi / grazie al cielo / ossigeno!

                                                                                             

 

 

Lei: Non risulto simpatica subito. Non so fare battute al momento. Sono una da leggere, che almeno un minuto mi ci vuole per provare ad apparire affascinante. O forse per rendermi ridicola. Tu che ne pensi?

Lui: Che sei il libro più interessante nel quale mi sia mai imbattuto…

Lei: Lo dici solo perché mi ami

Lui: Ti sbagli. Lo dico perché non ti amo più, e quindi posso essere finalmente onesto…

 

                                                                                    

                                                                                                      

 

P

Pezzi di vita disposti su uno scaffale impolverato

Polsi tremanti celati da  maniche lunghe

Preghiere perdute non Vi proteggono più

Parlavi alla tua preda come un pacato padrone

Ma con passi svelti ora lei  profana la tua pace

Preludio tiepido di possibile passione

Oggi piovono pallidi petali

Profezia di plenilunio

 

 

Vi racconterò di stagni di sassi di corse e cadute di ostacoli e staffe di vecchie canute dalle dita gelate di un viaggio senza una meta di ombrelloni aperti sulle angurie di canzoni che vi conoscono di motorini che tagliano campi perfetti di germogli sbocciati dove la terra era morta di una scala che porta fino lassù e di bambine aggrappate tenetevi forte mentre salite ma talvolta rallentate per guardare le anche perfette dei fiumi…

Vi racconterò e voi sarete lì all’alba sulla riva  e poi lì ad annuire vicino la radio e di nuovo lì a saltare tenendovi forte alle redini una due tre pagine ed eccovi ancora sarete parte della storia ma dovete tenere bene a mente una cosa che dove c’è un fiume c’è sempre un ponte e se non lo vedete significa che è a voi che spetta costruirlo.

 

 

 

ALESSANDRA LOCATELLI:

Psicologa, si occupa di prevenzione, diagnosi e sostegno psicologico. Specilizzanda in tecniche di rilassamento presso il Centro Studi Panta Rei. Ha il pallino per i romanzi gialli, Dante, la musica a volume 20 ed è una fashion victim. Ha scritto il primo “romanzo” d’avventura a dieci anni, che giace nascosto in un vecchio armadio. Con il racconto “A trama larga” ha vinto a maggio 2008 l’eliminatoria di Mantova della selezione per aspiranti scrittori “Volo Rapido- letteratura creativa in 365 minuti.” Il quotidiano Libertà ha pubblicato “La cantina vuota” e “Lodi all’ombrellone” contenuti nella collana Low Cost e “Revolution”. Con “Solo due castagne matte” ha vinto il III Premio della sezione Narrativa al concorso nazionale Emozioni e Magie del Natale- 2008. Ha scritto “Cuo Chi Due anime in cucina” (Gl editore. Novembre 2009) con il giornalista Luigi Franchi, libro che racconta la storia dei cuochi Isa Mazzocchi e Claudio Cesena. Sta lavorando al suo primo romanzo. Per la raccolta “1995 km da Santiago” ha scritto il racconto “Miriam.” Per “Confini” ha scritto “Il potere delle parole”, racconto ambientato nel 1989.